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Quando si parlava di un possibile aumento dei prezzi dei videogiochi, tutti gli occhi erano puntati su Rockstar e Take-Two. In molti erano convinti che sarebbe stato Grand Theft Auto 6 a rompere il muro psicologico dei 100 dollari. Invece, a sorprendere – e dividere – il pubblico è stata Nintendo, con un annuncio sul prezzo della Switch 2 (pubblicato sul sito) che ha acceso un fuoco nel cuore della community videoludica.

Durante la presentazione ufficiale di Nintendo Switch 2, l’attenzione si è concentrata su una lineup d’eccezione: Donkey Kong fa il suo ritorno dopo oltre un decennio, Mario Kart World Tour si presenta come un titolo open world e Hollow Knight: Silk Song viene mostrato fugacemente, quasi come un easter egg piuttosto che un trailer. In chiusura, Nintendo ha calato l’asso: Dusk Bloods, esclusiva firmata FromSoftware, già etichettata dai fan come “il Soulsborne della casa di Kyoto”.

Tuttavia, l’assenza di un elemento chiave nella presentazione non è passata inosservata: il prezzo. Solo una volta terminato l’evento, visitando il sito ufficiale, i giocatori hanno potuto leggere la cifra: 449 dollari per la console e, soprattutto, 80 dollari per i giochi in formato digitale. I titoli fisici arrivano fino a 90 dollari – un prezzo mai visto prima nel lancio di una console Nintendo.

Non finisce qui: alcuni giochi venduti in formato fisico non contengono la cartuccia, ma semplicemente un codice per il download, tutto al prezzo pieno.

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Nintendo risponde: “Valutiamo il valore, non il formato”

Dopo il polverone mediatico, Nintendo ha scelto di intervenire. In un’intervista a IGN, il vicepresidente di Nintendo of America, Bill Trinen, ha difeso le scelte di pricing dichiarando:

“Ogni gioco viene valutato individualmente. Consideriamo l’esperienza complessiva, i contenuti e il valore che offre ai giocatori. È meno una questione di strategia globale sui prezzi e più una valutazione del valore specifico di ciascun titolo.”

Il presidente di Nintendo of America, Doug Bowser, ha aggiunto:

“Analizziamo attentamente ogni gioco. Consideriamo l’ampiezza e la profondità del gameplay, la longevità e la rigiocabilità. Non abbiamo fissato un benchmark fisso, ma il prezzo riflette il valore che crediamo i nostri giochi offrano.”

La stampa vacilla, il pubblico si divide

Nei giorni successivi alla presentazione, alcune testate internazionali hanno attribuito l’aumento dei prezzi ai nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti su determinati prodotti tecnologici, in particolare quelli assemblati in Vietnam. Tuttavia, diverse incongruenze smentiscono questa tesi. I dazi non si applicano ai videogiochi digitali, e il prezzo ufficiale di 449 dollari per la Nintendo Switch 2 è stato stabilito prima che le tariffe entrassero in vigore.

Nintendo ha effettivamente utilizzato il pretesto dei dazi per giustificare il rinvio dei preorder negli Stati Uniti, ma non per motivare i rincari. È evidente che l’azienda mira a proteggere i margini di guadagno, in un contesto di crescenti costi produttivi e concorrenza sempre più agguerrita nel settore handheld, dominato ora da Steam Deck, ROG Ally e Legion Go.

Prezzi al rialzo, fiducia al ribasso

L’impatto di questo cambio di paradigma non si ferma a Nintendo. L’intera industria osserva e prende appunti. Perché se l’azienda giapponese riesce a vendere titoli a 80 o 90 dollari, nulla vieta ad altri publisher di seguirne l’esempio.

Ma un prezzo più alto implica anche un’aspettativa più alta. A 60 dollari, un gioco può essere un acquisto d’impulso. A 80, diventa una scelta ponderata. Il rischio? La frizione all’acquisto aumenta, la fiducia si riduce. E se la qualità del prodotto non è all’altezza della promessa, la delusione rischia di essere ancora più feroce.

Non è un’ipotesi astratta. Titoli recenti come Dragon Age: The Veilguard, Redfall, Forspoken e perfino Final Fantasy XVI—nonostante recensioni generalmente positive—non hanno raggiunto i target di vendita prefissati. In un contesto in cui ogni singola copia venduta conta, il rischio commerciale legato ai rincari è concreto.

Switch 2 Anteprima

La risposta del mercato: premiare chi rispetta il giocatore

Se i grandi nomi puntano sul rincaro, gli sviluppatori indipendenti e gli studi AA scelgono la strada opposta: prezzi accessibili e comunicazione trasparente. È il caso di Schedule One, venduto a 20 dollari e diventato un successo virale. Oppure Expedition 33, titolo visivamente ambizioso venduto a meno della metà di un tripla A.

Anche i grandi successi degli ultimi anni hanno seguito questa logica: Elden Ring, Baldur’s Gate 3, Black Myth: Wukong. Tutti usciti a 60 dollari. Tutti ben accolti. Tutti venduti in milioni di copie.

Il punto non è semplicemente “costare meno”. È “valere di più”.

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Una riflessione sul futuro

L’aumento dei prezzi dei videogiochi non è solo una questione di inflazione o costi di produzione. È un indicatore di direzione: un segnale sul tipo di relazione che le aziende vogliono instaurare con i propri clienti.

Nel caso di Nintendo, sembra prevalere l’idea di monetizzare la fedeltà e il prezzo della Switch 2 ne è un esempio. Eppure, nel lungo periodo, la fiducia è un bene molto più prezioso di qualche dollaro in più sul singolo gioco. Perché una volta spezzata, è difficile da riconquistare.

Il mercato sta cambiando. Ma la domanda resta sempre la stessa: fino a che punto i giocatori sono disposti a pagare?

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